1888 - Gabriele Serafino: I Balli di Sardegna
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Sestu, 1905: Balli in onore dell'arrivo nel paese del poeta e pittore romano Cesare Pascarella |
"I Sardi nel danzare seguono parecchi modi; ma la vera danza
nazionale è il così detto ballo tondo, che ha luogo fra persone d’ambo i sessi, le quali,
tenendosi per mano, formano un circolo intorno ai suonatori. Benché questa
danza a tutta prima possa parere assai facile e semplice, essa offre tuttavia
molte difficoltà a chi non l’abbia appresa fin dalla fanciullezza, giacché va
soggetta a certe regole particolari nel formare il passo, nell'effettuare a
cadenza certi movimenti del corpo e scosse delle mani e delle braccia.
Nella
parte meridionale dell’isola s’eseguisce con molta gravità; onde parrebbe non
si avesse a provare gusto di sorta. Egli è però il contrario; giacché nei
villaggi del Campidano i giovani s’obbligano a pagare una, colla quale viene
salariato un suonatore di flauto onde poter ballare la domenica.
Nella Sardegna
centrale e settentrionale invece, il trattenimento è assai più animato e reso
vivo da salti, sgambetti e grida dei più agili e arditi danzatori.
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Gaston Vuillier, Le isole dimenticate: La Sardegna, 1893 (incisione tratta da fotografia) |
Nel Capo di
Cagliari si balla per lo più al suono di launedda e talvolta a quello del
piffero e del cembalo, mentre nel Capo opposto tali istrumenti sono spesso
sostituiti dalla voce umana; e la danza ha luogo attorno a un gruppo di
cantori, come appunto si usava nei tempi omerici.
Il modo che tengono i
danzatori nel darsi la mano ha tale importanza, che una semplice trasgressione
delle regole stabilite al riguardo ha ben sovente dato motivo a sanguinose
contese. Le persone coniugate o strette da promessa di matrimonio, possono
mettere palma contro palma, ed intrecciar le dita; disgraziato però chi ciò
facesse colla moglie di un altro o con una ragazza ch’egli non è disposto a far
sua".
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G. Serafino, Ricordi della Sardegna, Torino, Tipografia L.
Roux e C. 1888
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