Sa Tzerachìa

1826, Cominotti - Gonin: "Atlas del Voyage en Sardaigne" di Alberto Ferrero della Marmora - Nozze sarde

Strettamente legati al ballo campidanese erano i contratti che legavano una comunità con il suonatore. Questi accordi scritti prendevano il nome di "Tzerachìa", intesa come "obbligo" da parte del suonatore contraente l'accordi di suonare in determinati giorni dell'anno, solitamente la domenica, dopo "Sa Missa Manna" (la messa principale della mattina), ad eccezione del periodo quaresimale, durante le feste religiose di quel paese e in altre occasioni poste nel contratto. Solitamente questi contratti venivano stipulati durante la Festa di Santa Maria, a Settembre, e duravano fino al Settembre dell'anno successivo.

Al suonatore era corrisposto un compenso, per lo più in grano, dai 30 ai 50 starelli (uno starello equivaleva a 50 litri). Uno dei più elevati lo percepì nel 1910 Efisio Melis, l'insuperato suonatore di Villaputzu: 50 starelli di grano e 1000 lire in contanti. Le spese erano a carico dei giovani scapoli: chi non contribuiva veniva escluso dal ballo con le buone o con le brutte maniere: a Villacidro, nel 1799, alcuni giovani che tentavano di inserirsi nel ballo pur non avendo corrisposto la loro quota, furono malmenati. Le ragazze, invece, per poter accedere al ballo, regalavano dolci, uova e paneI suonatori, specie quelli più bravi, erano quindi molto contesi e questo consentiva loro di giocare al rialzo sul compenso. Se una piazza non era disposta a corrispondere quanto richiesto, ne trovavano facilmente un'altra. Tra di loro si scatenava di conseguenza la rivalità e la gelosia, Le feste che richiamavano un maggior numero di persone e che nel sentimento popolare erano le più amate e seguite, erano anche quelle maggiormente ambite perché conferivano enorme prestigio e la definitiva consacrazione, oltreché la possibilità di ottenere compensi più elevati. Perciò il suonatore affermato era un vero professionista: la sua attività gli consentiva un tenore di vita sufficientemente agiato. Grazie ad essa, inoltre, riusciva a superare quelle barriere sociali altrimenti insormontabili per giovani che avessero continuato ad esercitare i loro iniziali lavori di ciabattino, porcaro, torronaio, pastore. 

Efisio Melis e Pasquale Erriu accompagnano il cocchio di Sant'Efisio (collezione Cristiano Cani)

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In allegato, posto un contratto trovato da Saturnino Lai presso l'archivio di Stato di Cagliari:

Cuntratu de tzerachìa – Serramanna, 1824

Addì 10 settembre 1824, Serramanna.

Ad ognuno sia manifesto, qualmente desiderando Giuseppe Raimondo Tanca, Francesco Antonio  Orrù, Amatore Pisano, Luigi Serpi ,e Francesco Pillittu di Vincenzo celibi di questo villaggio provvedere questa comunità d’un suonatore per divertire nei giorni festivi se stessi ,e la gioventù tutta secondo  la consuetudine ,concordarono con Sebastiano Boi, del villaggio d’Ussana, ed oggi personalmente trovatosi nel presente villaggio nella forma seguente: In  primo luogo il Boi s’obbliga di suonare personalmente nella comunità di  questo luogo, e balli pubblici in ogni giorno festivo e noti (sic)solite in questo paese dal presente giorno fino alli 8 settembre del venturo anno 1825. Colle zampogne e tamburo: in secondo luogo s’obbliga il Boi di non fare veruna mancanza nel corso di esso servizio, a pena in diffetto (sic) di biscontarsene  della raccolta mezzo scudo d’ognuna, bastaché questo mezzo scudo si impieghi per pagare altro suonatore, che venghi surrogato dai suddetti obbligati per suonare di giorno sia o di notte, nel caso però che nelle mancanze del Boi non surroghino né detti obbligati né gli altri celibi verun suonatore, si dovrà distribuire il mezzo scudo o quanto si sia, che eccedano le mancanze di tutti i celibi, caso lo vogliano, se viene al suonatore d’ognuno perdonato non se ne (sic) dovrà disfalcare niente se esse mancanze però sono per legittimo impedimento come sarebbe l’infermità o d’impedimento del fiume non ne possano disfalcare niente, bastaché non oltrepassi di due giorni festivi, e caso i celibi lo pretendano ne dovrà prestare giuramento, di esser per questi motivi la mancanza: Più s’obbligano il Tanca, Pisano, Orrù, Serpi e Pillittu il giorno che termina esso servizio consegnare al Boi starelli trentacinque grano buono e senza veruna mescolanza. Lasciando alli altri liberi di questo obbligo tutto, ma restando gli obbligati come restano a fare a questi ogni giorno compagnia per far la raccolta caso ne dimandino1.

1819/26 Nicola TIole, "Costumi Sardi riprodotti dal vero", Suonatori di Launeddas

Inoltre s’obbligano i sottoscritti celibi di provedere (sic) al Boi del vito (sic) necessario per esso, e suo cavallo a mese, a mese, come così tutti sono stati d’acordo (sic) specificando, come si specifica, che non abbia veruna forza ne (sic) vigore quanto si è spiegato sulle mancanze, ma bensì se ne deve biscontare mezzo scudo d’ognuno surroghino o no suonatore detti Orrù, Tanca, e Pisano Serpie Pillittu e se ne devono biscontare di essi starelli trentacinque grano, lasciando però per ben disteso in quanto alle mancanze per colpa d’infermità o del fiume così tutti sono stati d’acordo (sic) nella forma nel presente espressa, apena in difetto di tutte le spese di lite e fuori e non solo s’obbligano separatamente, ma solidariamente cioè colla clausola speciale di insimul et insolidum, e per essere tuttii lletterati soscrivono l’infrascritti testi in fede.

Saturnino Lai

1N.d.r.: quest’ultima frase è cancellata con un tratto di penna

Archivio di Stato di Cagliari – Fascicoli processuali della Reale Udienza di Sardegna (Pandetta 59, vol. 95, fascicolo 36)

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