1694 - Inquisizione in Sardegna. Feste e balli "occasione di peccati"
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Miniatura tratta dal romanzo "Lo diez libros de Fortuna d'Amor" dell'algherese Antonio lo Frasso, 1573 - Ballu tundu |
La diffidenza delle autorità ecclesiastiche verso il ballo in genere è espressa con chiarezza da un'informazione data dall'arcivescovo di Cagliari Sobrecasas alla Santa Sede nella relazione "ad limina" del 1694:
"In tutto il regno di Sardegna esiste un vizio,
un’erba nociva che deve essere estirpata dalle vigne del Signore. Infatti, nei
giorni di festa e quando si fa qualche celebrazione di nozze o di qualunque
altro evento gioioso, gli uomini e le donne mescolati assieme ed intrecciati
gli uni con gli altri con le mani sogliono fare un ballo, chiamato comunemente
ballo tondo (bayle redondo). Ballano fino a provare persistenti sensazioni di
piacere o a cedere alla stanchezza. Riunita una consulta di teologi di questa
città (di Cagliari), ho ritenuto di dover proibire tali balli in quanto
implicavano occasione prossima di insistite sensazioni di piacere e perfino di
consenso in materia venerea a causa sia del contatto delle mani dell'uno e
dell'altro sesso sia dei gesti, sia dei segnali che gli innamorati non si
vergognano di porsi nelle mani, soprattutto quando nessuno li può vedere, sia
della lunga durata del contatto o per altri motivi. Volendo rispondere al
dovere del mio ufficio, ho proibito tali balli nella mia archidiocesi e nelle
diocesi unite, comminando delle censure. A dir la verità, soprattutto nei
giorni di carnevale si poteva vedere non senza dolore che, per essere assolte,
venivano dame in massa ogni giorno moltissime persone alle quali avevo proibito
di entrare in chiesa per aver violato il mio comando".
I vescovi isolani post-tridentini spesso avevano
espresso giudizi preoccupanti e negativi sui balli, indicandoli come
"disonesti", "indecenti", "indecorosi",
"osceni e diabolici"(...).
Le proibizioni e le sanzioni al riguardo erano
frequentissime (...) "nessuna persona di alcuna condizione o qualità osi
ballare e cantare canti profani dentro le chiese" (...) "attorno alle
chiese (dins lo circuit de las parets de la yglesia) ... non
permettessero a nessuno di "vegliare, di mangiare e tanto meno di ballare,
per rispetto alla casa del Nostro Signore Iddio e per evitare i pericoli e gli
scandali che sogliono causare simili cose"(...).
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1598, Scena di ballo sardo, decorazione di uno dei pilastri interni della Chiesa di San Bachisio a Bolotana |
Il Sobrecasas andò oltre le tradizionali condanne,
proibendo in genere il ballo sardo e stabilendo che quanti vi avessero
partecipato non potessero entrare in chiesa fintanto che non si fossero recati
da lui a chiedere l'assoluzione della censura. Oltrepassava così i limiti della
sua giurisdizione ed usurpava competenze che non gli spettavano, almeno
direttamente. Con il suo intervento, in effetti, suscitò le rimostranze della
gente e delle autorità civili per cui fu costretto a ritirare controvoglia la
censura imposta. (...)
Tratto da “Inquisizione, sessualità e
matrimonio. Sardegna, secoli XVI-XVII” di Salvatore Loi Ed. AM&D, 2006
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