1899 - Alete Cionini: Il Ballo a Ilbono



L'articolo di A. Cionini nell'Illustrazione Italiana del Novembre 1899


"In una gita ad Ilbono potei finalmente vedere il ballo sardo, detto ballo tondo, o duru duru, che si fa nel piazzale della chiesa tutte le feste dopo il vespro. Tutti quelli che si trovano presenti possono prender parte alle danze, che si eseguiscono con una musica monotona, invariabile, noiosa, triste, antica quanto la barba di Noè; musica che ha qualche cosa tra i pifferi napoletani e i suoni d'un organo da chiesa e il ronzio delle api, ricavata da uno strumento pastorale, detto Launedas [sia antichissimo, cioè le tibia pares et impares dei Romani, usitatissimo in tutta la Sardegna, composto di rustiche canne, alle quali dà fiato un instancabile suonatore, che spesso si offre gratis et amore Dei!].

 Quella musica, che ha anche un non so che di africano e di barbaro e della sinagoga degli Ebrei, è sempre uguale in tutta l'isola ed è la stessa che si ottiene anche nel canto da certi cori formati da quattro o da cinque persone riunite in circolo, le quali emettono grida che spesso paion grugniti, o sforzi di vomito. Il ballo sardo, che non è ballo, è ancora più monotono della musica. 
Triei - Metà del XX secolo



È un insieme di uomini e di donne, che in circolo, tenendosi per mano, ballano, o, per dir meglio, passeggiano in cadenza attorno al suonatore, che sta nel centro, e vanno avanti e indietro, di fianco, di sghimbescio, or strisciando il piede a terra, or saltando, dritti, impettiti, seri, le donne con gli occhi bassi, con aria grave e solenne. Al cessar della musica esse si ritirano subito, di corsa, in un angolo del piazzale, e gli uomini in un altro opposto, sicchè vi è completa separazione fra i due sessi, separazione che in Sardegna è dappertutto, persino nelle case e nelle chiese, ed un uomo non ardirebbe entrare nel gruppo delle ballerine, fosse pure per dire una parola alla sorella, od alla fidanzata. 

Quando le Launedas si fanno sentire di nuovo o, in loro vece, tre o quattro uomini nel mezzo cantano in coro la solita cantilena, ritornano in lizza prima gli uomini e poi le donne, e indi a poco a poco le squadre si frammischiano dei due sessi e le danze si fanno animate e divertenti, sebbene questo al forestiero che le osserva non appaia troppo, per la graviti e la serietà delle mosse e delle persone, per le regole severissime che vi sono e scrupolosamente osservate. Anco il ballo in Sardegna, insieme a tante cose e tanti altri usi primitivi, doveva restare a rammentarci le epoche più remote, fino ad Omero, che rappresenta il ballo tondo nello scudo di Achille; ma quella monotonia di suono, di movimenti, quella quasi mancanza di contatto fra l'uomo e la donna rendono il ballo sardo al di sotto dei nostri balli moderni e di quelli che più volte ho veduto sulla pubblica piazza nei villaggi del Piemonte e altrove".

_______________________________________

Alete Cionini “Ricordi di Sardegna e viaggio in Ogliastra”, in “L’Illustrazione Italiana” anno XVI n. 46, Fratelli Treves, Milano 1899

Commenti

Post più popolari