1887 - Gino Bottiglioni, notizie sul ballo da "Vita Sarda"



Ormai si avvicina il giugno (Làmpadas) in cui le messi biondeggiano sul campo ed attendono la falce dei mietitori i quali, prima di accingersi al lavoro, “pò non d'apèrrer sor bruzzos sa messa” (perché la mietitura non apra i polsi) mangiano su pane “de sa rughe e de sos braccheddos”, cioè dei pezzi di pane benedetto nel giorno di Natale e consacrato per questo uso. (…) 

Mentre ferve il lavoro sull'aia, i poveri vanno ad augurare ai ricchi proprietari tutte le benedizioni del cielo e chiedono la carità per l'amor di Dio (…); la generosità dell’anima sarda si rivela anche in questi umili racconti e nella creazione del tipo dell'avaro cattivo e astioso che i sardi personificano in una donna (Lucia o Giorgia rabbiosa) che ebbe dall'ira divina pietrificati tutti i suoi beni e tutti i suoi arnesi. Dopo che il grano è trebbiato e ventilato, si misura e si rinchiude nei sacchi i quali debbono essere trasportati alla casa del massaio. Fin dall'alba, i contadini sono in moto, i carri, trascinati da buoi adorni di campanelli e di fiori e qualche volta preceduti e seguiti da suonatori di launeddas, vanno e vengono dall'aia alla casa, finché i sacchi preziosi non sono convenientemente disposti nel granaio. Verso il tramonto, anche quest'ultimo atto della raccolta è compiuto e coloro che vi hanno partecipato siedono a un lauto banchetto rallegrato dalle più squisite leccornie della cucina sarda; i servi e i padroni, riuniti alla stessa tavola, conversano amichevolmente, mentre s'intrecciano i dialoghi piccanti, i frizzi mordaci e si fanno brindisi augurali; il ballo chiude poi la gaia festa. 




Feste sacre e profane. 

Dice un proverbio nuorese: «In ballos e in festas si connoschen sas testas» ed infatti, tra le varie manifestazioni delle vita sarda, poche concorrono a rivelare l’indole del popolo come le feste alle quali esso partecipa con vivo entusiasmo, dimenticando per qualche giorno i suoi dolori e i suoi rancori e gettandosi in braccio al divertimento e al piacere con vero abbandono. Quando si parla del temperamento melanconico e triste dei Sardi, della loro austerità raccolta, bisogna guardarsi dall’esagerare, perché la smentita più solenne si potrebbe avere, assistendo a una delle numerose feste che si fanno nell'isola periodicamente e in occasioni varie, alla fine della mietitura, durante la vendemmia, per i fidanzamenti, per i matrimoni, per i battesimi. In alcuni luoghi, si usa ancora celebrare, con una certa solennità, il ritorno della primavera e, il 12 maggio, sulla piazza, si danza e si canta al suono di rozzi strumenti paesani, mentre i fidanzati rinnovano le loro sacre promesse e si stringono nuovi legami d'amore. 
A Bono, il 31 agosto che è il giorno di San Raimondo, si fa la festa della zucca e si commemora, in modo assai originale, la vittoria che, appunto nell'agosto del 1796, gli abitanti di Bono ebbero sulle milizie dei feudatari ai quali si erano ribellati. Su di un carro tutto imbandierato e ìnghirlandato, si colloca una grossissima zucca che vien portala, con gran seguito di gente, sul piazzale della chiesa dove si suona, si canta e si balla per tutta la mattina e per buona parte del pomeriggio, finché ha luogo la corsa dei cavalli. Al termine di questa, la zucca è scagliata per terra o giù da un precipizio, fra i battimani e le grida assordanti dei presenti. 



Si può dire che in Sardegna non ci sia villaggio o gruppo di case che non abbia la sua chiesa dedicata a un Patrono, di cui una volta all'anno si celebra la festa che generalmente dura qualche giorno; spesso i santuari sono anche lontani dall'abitato, ma questo fatto non diminuisce il fervore dei fedeli (nubuinantes) che vi accorrono in gran numero e sono ospitati nelle casupole (cumbessias) che circondano il tempio e nelle quali riposano dopo le preghiere e gli spassi della giornata. Infatti queste solennità religiose non vanno mai disgiunte dai divertimenti più giocondi e più graditi: le fiere affollate e rumorose, i lauti banchetti, i canti e i balli sono il migliore complemento delle sacre funzioni e concorrono con queste a sollevare e a rallegrare lo spirito oppresso da un lungo periodo di vita stentata e faticosa. I Sardi si abbandonano con vero entusiasmo al ballo che, nel Logudoro, si chiama su duru-duru; esso viene aperto dagli uomini i quali si dispongono in cerchio e cominciano a saltare, mentre le donne si accostano e si mettono fra l'uno e l'altro ballerino, scegliendo i preferiti; allora le mani stringono le mani e comincia la danza regolata al ritmo di una cantilena (su cuncordu), formata dalla voce di quattro cantadores di cui uno (sa boghe) intona la canzone e gli altri tre (sa contra, su hasciu, su tipiri) fanno eco accompagnando. Il cerchio procede girando in un dato senso, poi si rivolta nel senso opposto, si restringe e si allarga e, mentre i cantori accelerano il ritmo, i ballerini sgambettano furiosamente, e sudano e lanciano di quando in quando dei gridi acuti, quasi selvaggi. Sul volto acceso, non si delinea il sorriso, né si manifesta, la soddisfazione intima ch'essi debbono provare, tanto che, guardandoli, vien fatto di domandarci se veramente si divertono o se stanno compiendo un sacro rito. Nel mezzogiorno dell'isola, la danza, meno austera, è regolata dal suono delle launeddas e i danzatori ballano a coppia, uno di fronte all'altro, accostandosi e allontanandosi con certi passi corti e svelti i quali sono di tanto in tanto interrotti da piccoli salti e sgambetti. Ai banchetti e alle danze, si alternano le sacre funzioni e alle «gare poetiche, ai mutettos in lode dell’amata, i canti sacri, i gosos,  nei quali si esalta il Santo di cui ricorre la festa e che concederà le grazie desiderate. 

 



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Testo e immagini tratti da:
Gino Bottiglioni, "Vita Sarda, note di folklore, canti e leggende", (in "Canti, novelle e tradizioni delle Regioni d'Italia" - Collezione diretta da Giorgio Sorrentino), Casa editrice Luigi Trevisini, Milano, 1887

Pdf della pubblicazione scaricabile gratuitamente al seguente link:https://archive.org/details/vitasardanotedif00bott/page/n5/mode/2up


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