1894, A. Ballero - Il Ballo a Mamoiada, da "Don Zua: storia di una famiglia nobile nel centro della Sardegna"
Spesso le opere letterarie della narrativa degli scrittori isolani ci offrono degli spaccati di vita quotidiana delle comunità dell'epoca, in questo caso il testo di Antonio Ballero ci descrive Mamoiada e i suoi abitanti, l'uscita dalla messa e il ballo seguente, ben descritto:
"Ott'anni dopo la partenza famosa di don Zua per Nuoro, la piazza, della parrocchia di Mamoiada formicolava di gente. Un predicatore dei più rinomati del Logudoro, s'era prodotto col panegirico di S. Antonio di Padova, facendo molte citazioni latine con voce altisonante, prodigo di gesti e di grandi colpi al pergamo, i quali rimbombavano cupamente assieme alla voce nasale dell'oratore, sotto le volte oscure dell'antica chiesa, piene di ragnatela Il predicatore ora appollaiandosi, ora aprendo le braccia, come un grande avoltoio che volesse spiccare il volo, aveva, a furia di parabole e di minacce, stordito ed annoiato il popolo che l'ascoltava senza capirlo.
Quando ebbe finito un gran sospiro di soddisfazione usci da tutti i petti.
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Mamoiada, 1957 - Balli di Carnevale (Foto Pablo Volta) |
La gran porta della chiesa fu spalancata, ed un torrente di persone si riversò fuori, prima compatto, poi mano, mano allargandosi, spandendosi per la piazzetta, che in un momento fu rallegrata dai mille colori vivi di quei costumi ricchissimi, sfavillanti per i ricami d'oro e d'argento. Il sole, cadente dietro la lontana montagna di Gonari ne incendiava la vetta, dandole la esatta apparenza di un vulcano in eruzione.
Alcuni dei più baldi giovanotti del popolo si riunirono in mezzo alla piazza; si strinsero insieme, e portando la mano alla guancia per far rimbombare di più la voce, intonarono una cantilena che marcava il tempo del ballo sardo. Sulle prime nessuno si moveva. I giovani si eccitavano lun l'altro, nessuno voleva cimentarsi per il primo, nessuno ardiva invitare da solo una ragazza.
Poco a poco i più arditi cominciarono a stringersi in catena, e a dondolare il corpo con la cadenza del canto. La catena a mano a mano si allargò; qualcuno trascinò dolcemente una ragazza, che faceva la ritrosa, nascondendo col grembiale ricamato, il bel volto tinto di carminio pel pudore, e per la contentezza.
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Mamoiada - Balli di Carnevale, 1957 |
L'esempio fu contagioso. I giovanotti presero coraggio, e corsero ad invitare quelle ragazze bellissime, le quali non si facevano più pregare.
Ogni momento si distaccava dal gruppo delle donne una ragazza, che impaziente non aspettava di essere invitata, poi due, poi tre, dieci, venti, infine tutte, con un salto allegro di gazzella, si incastravano in quella catena circolare di danzanti. L'immenso circolo aveva tutti i colori di una ricca tavolozza, e tutte le bellezze che si possano sognare. Si dice che le più belle ragazze della Sardegna sieno quelle di Mamoiada e quelle di Cabras; è certo che chi avesse visto quel ballo tondo avrebbe proclamato bellissime quelle di Mamoiada; perchè sarebbe stato impossibile trovare altrove più correttezza di linee, più opulenza di forme statuarie, occhi più belli, più profondi, più neri o più azzurri, labbra più coralline, denti più perlati e gote più rasate.
L'occhio si perdeva fra tante bellezze, incerto sopra quale posarsi e la mente si abbandonava ad un sogno ardente pieno di voluttà e di desiderio. L'ampio cerchio danzante or si allargava lentamente, insensibilmente, con piccole oscillazioni con leggeri dondolamenti; ora si restringeva rapidamente, vertiginosamente.
Nel centro la cantilena continuava sempre, or mossa or rallentata, senza tregua, senza stanchezza. Le dame, vecchie e giovani, godevano di quell'allegro divertimento del popolo, dalla casa di donna Veronica, prospiciente sulla. piazza, pigiate in tre balconi di legno, simili ad ampie gabbie di pollami.
Le vecchie criticavano il saltare ardito di questa bella ragazza, ed il discorrere animato di quell'altra col tale e tal altro giovine, che le stava daccanto; le ragazze invece invidiavano le popolane, alle quali era permesso quello spasso pubblico, e si dolevano della nascita nobile, che impediva loro di divertirsi tutto l'anno come le figlie del popolo.
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Mamoiada - Parrocchiale di Nostra Signora di Loreto (cartolina viaggiata del 1951) |
Il Sindaco, gli assessori, i consiglieri comunali, il brigadiere dei carabinieri comandante la stazione, il maestro di scuola, e gli altri nobili e signori del paese, formavano crocchio a parte, sopra un'altura che dominava tutto lo spettacolo. Il Sindaco faceva disegni per un futuro allargamento della piazza, con relativi portici; i consiglieri progressisti appoggiavano l'idea del Sindaco, ampliandola e già bilanciando le somme necessarie; i vecchi che volevano morire lasciando il paese come l'avevano conosciuto, si opponevano a queste innovazioni immaginarie, si riscaldavano nella discussione, e prendevano grossi pizzichi di tabacco, che aspiravano rumorosamente, quando mancava loro la frase per proseguire l'argomentazione cominciata in italiano, e che poi finivano malamente in dialetto.
Il brigadiere s'attorcigliava i bei baffi neri, e prendeva pose teatrali, sbirciando le più belle, e facendo dei confronti, assieme al maestro di scuola, il quale impallidiva ogni volta che Tatana, alla quale già da molto faceva un po' di corte con infelice risultato, passava accanto a loro sgranando un paio d'occhioni neri, sfavillanti, in faccia al brigadiere, che le susurrava parolette dolci".
Tratto da:
Antonio Ballero, "Don Zua - Storia di una famiglia nobile nel centro della Sardegna", Vol.1; Ed. Giuseppe Dessì, Sassari 1894
Antonio Ballero, "Don Zua - Storia di una famiglia nobile nel centro della Sardegna", Vol.1; Ed. Giuseppe Dessì, Sassari 1894
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