Giuseppe Della Maria - Contributo allo studio della danza in Sardegna (parte 1)

Simone manca di Mores: “Raccolta di costumi sardi eseguita e offerta a S. A. Reale principe Umberto dal Cav. Simone Manca di Mores”. (1860-1876)
(da Sardegna Digital Library)

L'articolo qui esteso costituisce la completa relazione dal nostro Direttore presentata al 1° Congresso Nazionale della Danza Popolare Italiana, svoltosi a Cagliari dal 10 al 3 giugno di quest'anno, presieduto dal prof. Paolo Toschi. A integrazione bibliografica, l'ultima parte dello scritto accoglie la rassegna delle registrazioni effettuate, sulla danza sarda, dal prof. dott. Giorgio Nataletti, del «Centro Nazionale Studi di Musica Popolare» (Accademia Nazionale di Santa Cecilia e R.A.I. Televisione Italiana), indice rilevato dalla relazione «Musiche di danze folkloristiche italiane», prodotta dal medesimo Maestro nello stesso consesso (N.d.R.).

"Le danze da quella uniforme, pacata e discorsiva del giro tondo a quella figurata e acrobatica dei salti, meriterebbero uno studio tecnico a sè, per la sorprendente corrispondenza del frenetico ritmico (tripudium) dei piedi con le modulazioni melismatiche dell'ugola nelle monodie". 
(Gavino Gabriel)

Allo stesso modo come vari settori della vita sociale, economica ed artistica della Sardegna attendono un analitico, razionale ed esauriente svolgimento in opere metodologicamente elaborate, il folklore isolano aspetta, a sua volta, un integro e completo «corpus» nel quale siano inserite tutte le unità e inclusi tutti i componenti delle tradizioni popolari. Il copioso e interessante materiale demologico sardo è stato, sin dagli inizi del secolo scorso, oggetto pii. numerose: e, ispesso, pregevoli ricerche, illustrazioni, raccolte, ma, mentre determinate sezioni risultano abbondantemente trattate e sviluppate, altre, all'opposto, non hanno suscitato adeguati rilievi e convenienti attenzioni: alcuni processi e qualche elemento sono, anzi, del tutto privi di accertamento e segnalazione.

Tra le varie manifestazioni folkloristiche isolane, quella della danza — che pur determinò doviziosi riscontri non ha costituito sinora motivo per il compimento di una estesa e scientifica monografia — lacuna che lamentasi anche per altre danze, popolari italiane per cui l'effettuata istituzione, quest’anno, d'un Festival Nazionale della Danza popolare ed un relativa Convegno di Studi realizzati a Cagliari, sì da promuovere indagini e registrazioni, è da stimarsi lodevole e torio. Nell'intento di offrire, pertanto, agli etnografi il risultato dr mie ricerche bibliografiche sui ballo sardo, porgo il qui unito saggio al fine di costituire un proficuo contributo per la stesura di una storia della danza in Sardegna.

DOCUMENTI FIGURATIVI

Fonti antiche
Allo stato attuale delle scoperte archeologiche isolane, i monumenti nuragici, puniti e romani, interessanti la nostra indagine, possono essere così distinti:

    Raffigurazioni manifestanti la danza:

  • corniola, da Olbia, simboleggiante una danzatrice che suona la tibia curva e quella longa, alla presenza d'un re sul trono;diaspro sulcitano con incise due baccanti saltellanti con nacchere;
  • statuetta, da Othoca, che rappresenta un crotalista nudo in atto di danzare con salti aggraziati e con movenze del capo;
  • stelo arenaria adattabile al periodo punico - da Tharros, sormontata da una piccola piramide con bassorilievo che presenta una danza sacra;
  • vaso greco con figure di pigmei (o efebi?) danzanti;
  • due sarcofagi romani che riportano due Menadi danzanti con crotali;
  • colonnina cilindrica di panchina, da Tharros, presumibilmente punica, che simboleggia una danza sacra, compiuta da tre elementi femminili ignudi intorno a un bètilo e da un quarto adorno di gonna e recante in mano una protome taurina;
  • infine, statuetta bronzea, classificata museograficamente «La Musicante», ma interpretata dal Taramelli una danzatrice.


Cippo punico, da Tharros
(Cagliari - Museo Archeologico Nazionale)
I primi sei monumenti non possono essere invocati quali documentazioni attendibili per un'indagine sulla danza primigenia in Sardegna, perché essi — allo stato attuale delle conoscenze sono da ascrivere a materiale d'importazione da parte dei colonizzatori fenicio-punico-romani e la loro citazione, in queste note, trova la sua ragione nell'aver voluto. ricordare, agli studiosi della danza, di quei popoli, l'esistenza del relativo materiale archeologico accolto nel nostro Museo Nazionale. Le ultime due rappresentazioni ci indicano, invece, espressioni di ballo aderenti ai protosardi: la scultura bronzea costituisce la sola testimonianza attuale della presenza della danza in età nuragica e la colonnina di cui si è accertata la esecuzione nell'isola attesta e corrobora l'esistenza in Sardegna di un culto a carattere taurino, ma, giova precisare, non è da accogliete quale prova documentale della presenza del ballo tondo in periodo preromano, poiché le danzatrici sono Isolate, non si, tengono, cioè, per mano.



Raffigurazioni di mezzi musicali: 

Strumenti a fiato: 
Bronzetto nuragico Itifallico, da Ittiri
(Cagliari - Museo archeologico Nazionale)
  • Tibia d'avorio, dal colle di Bonaria in Cagliari, In una cineraria romana di giovinetta; 
  • statuetta d'avorio con due tibie, da Cagliari;
  • scultura in terracotta, da Tharros, simboleggiante un elemento androgino nudo che imbocca due fistole;
  • due lucernine, da Cagliari, che mostrano un suonatore di tibie;
  • altra lucernina, da Tharros, che porge un amorino con doppia tibia;
  • due timiaterii in terracotta riproducenti la figura mostruosa del dio egiziano Bes che suona la doppia tibia, da Tharros;
  • statuetta in terracotta, da Cagliari, che rappresenta un pastore In atto di sostenere, appoggiate al petto, due tibie;
  • scultura nuragica, da Genoni, raffigurante un suonatore di corno;
  • grossa conchiglia-tromba o corno, da Anghelu Ruju;
  • e, ancora, il più interessante monumento: la nota statuetta bronzea del nudo suonatore ermafroditico ed itifallico, da Ittiri, che suona le launeddas.




Strumenti a percussione: 
  • scarabeo in onice, da Tharros, nel quale si riconosce un istrione che batte il cembalo;
  • altro scarabeo, da Tharros, con incisa una dea (Iside o Thanit?) che tiene stretto al petto un tamburello;
  • gemma nella quale si ravvisa una dea con cembalo;
  • piatti orchestrali;
  • due piastrelle nuragiche enee, da Cabras;
  • altre piastrelle di roccia balearica, da Montiferru;
  • tre dischi di bronzo forati nel centro; altri, ugualmente enei, piuttosto concavi, da Tharros;
  • due dischi uguali, da Cagliari;
  • e, infine, un bronzetto nuragico offerente un elemento che sul capo tiene un disco, infilato a due anelli in ispalla, dal Taramelli stimato un cembalo.


Così, come per i monumenti che esprimono la danza, anche per questi che raffigurano strumenti musicai, non è possibile accettare valida - per la nostra indagine - la più parte della suppellettile. Tuttavia, è giustificato l'asserire che nella Sardegna preromana erano note le tibie, le launeddas e il corno e, forse, anche la conchiglia-tromba, il cembalo e i piatti orchestrali.

Ma un altro documento, particolarmente interessante, fa parte della doviziosa collezione nuragica del Museo archeologico di Cagliari: la scultura "Il Ballo cantato", che ci porge un elemento in atto di cantare e di battere le mani, Illustrato dall'archeologo professor Giovanni Lilliu. Con le indispensabili riserve che illazioni su tali studi inevitabilmente comportano, si può dedurre e concludere:

  1. che la danza in Sardegna risale a periodo nuragico: scultura "La Musicante" o "Danzatrice";
  2. che i mezzi per sostenere la danza siano stati le launeddas ed il coro: bronzetti “Suonatore di launeddas” e “Ballo cantato”;
  3. che il primo movente eziologico della danza in Sardegna devesi ricercare non su un unico elemento, ma, sia sulla esistenza della funzione rituale orgiastica aderente alla gerogamia, che tende a far supporre una danza fallica simboleggiante l'intervento divino nella copula ad imitazione dell'atto generativo dal cui esito risiedeva il destino della vita organizzata (Zervos) sia sulla vera orgia mimico-musicale propiziatrice d'amore (Lilliu.) - e sia sul rito purificatore del fuoco (Alziator), come sopravvivenze attuali tenderebbero a comprovare.
Un asserto incontrovertibile - tuttavia - è lecito enunciare: la statuetta di Ittiri luminosamente attesta e testimonia che l'elemento basilare della danza in Sardegna è da ricercarsi nel rituale erotico-sessuale. Un lungo ed oscuro millennio separa i bassorilievi dei sarcofagi romani dalla successiva espressione iconografica che raffigura la danza in Sardegna! È necessario, infatti, giungere alla fine del XIII secolo per rinvenir, In un'architrave della chiesa di San Pietro in Zuri, un bassorilievo costituito da sei elementi che si tengono l'un l'altro per mano e che può essere accolto con molta riserva quale raffigurazione di ballu tundu. 

Zuri (Ghilarza) - Chiesa di San Pietro: mensola esterna raffigurante una scena di ballo (XIV sec.) foto di Cristiano Cani
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Giuseppe Della Maria, dal "Nuovo Bollettino bibliografico Sardo e Archivio Tradizioni Popolari", Anno III, n.17, Cagliari 1958

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