Gli Strumenti del Ballo: Il Canto e la Musica
Le fonti storiche individuano la presenza in Sardegna di alcuni strumenti (Corno, Launeddas,
Benas, tamburi, strumenti a corda, ma di questo argomento ne parleremo in un post a parte). Sicuramente le Launeddas erano,
fino alla fine del 1800, lo strumento principe e più diffuso
nell’Isola. Ancora oggi le troviamo in tutto il Campidano, nel
Sulcis-Iglesiente, nel Sarrabus e nella bassa Ogliastra, oltre ad
alcune enclavi, come ad Ovodda, dove vengono chiamate “Bidulas”,
e con e varie tipologie e tonalita (decine e decine di varianti)
determinano i vari tipi di suonata, citiamo ad esempio: Punt’e
Organo, Fiuda, Fiorassiu, Spinellu, , Mediana pipia ecc ecc…
Altri
strumenti, usati meno frequentemente (se non in casi particolari e in
determinati paesi), sono: serraggia, sulittu, pipaiolu, tumbarinu,
trunfa, canna isperrada, triangulu, tamburellu, tumbarineddu,
trimpanu, flautu ‘e canna, sonette a bucca, chiterra….
Per
il canto invece, la fa da padrone il “Tenore”, composto da
quattro voci (Voche, Mesu Voche, Contra e Bassu) che scandiscono i
balli (a sa seria, a sa lestra, a boch’e ballu) in particolar modo, attualmente, nella zona centrale dell’Isola. Altra forma di canto è quella con
la voce solista (A boche sola).
A
queste due tipologie prevalenti di accompagnamento al ballo si
affiancano, alla fine del 1800, l’organetto diatonico e la
fisarmonica cromatica. L'organetto nasce nella prima metà
dell'Ottocento attraverso vari esperimenti di Buschmann a Berlino,
Demian a Vienna e Wheatstone a Londra. In Italia viene prodotto a
livello industriale dal 1863 da Paolo Soprani (nel 1876 da Mariano
Dallapè) e negli anni successivi arriva in Sardegna. Nel trentennio
1870-1900 si diffonde in tutte le zone dell'isola, entra velocemente
nella musica sarda diventandone uno dei protagonisti, creando una
rivoluzione nel repertorio e nel modo di fare musica (già nella metà degli anni '80 del 1800 se ne ha la sua attestazione).
Poco
più avanti è il turno della Fisarmonica cromatica, che si afferma
nel 1920-40 sull’organetto nelle zone di influenza delle
Launeddas (specie nel Sud Sardegna), perché rispetto al primo riesce
meglio a sostituire musicalmente l’antico strumento a fiato.
Prima
dell’arrivo di questi due strumenti, ormai diventati sardi
d’adozione, il ballo era sicuramente scandito da musiche molto
simili tra loro, se non per una decina di varianti o poco più. Con
la loro diffusione arriva anche la personalizzazione della musica,
che si manifesta, oggi, in una moltitudine di musiche differenti tra
loro (seppur riconoscibili nella loro origine), che a loro volta
hanno determinato un’altrettanta moltitudine di balli, che vengono
eseguiti prevalentemente dalle associazioni folk presenti in gran
numero. L’appropriazione dello strumento da parte dei suonatori
isolani fa si che si possa parlare a buon diritto di “organetto
sardo”, in quanto gli stili ed il repertorio, quasi esclusivo della
danza, sono fondamentali per la sua identità e contrassegnano le
tecniche esecutive al punto da rendere riconoscibile un
organettista della Sardegna anche da un film muto che ne mostrasse
soltanto i movimenti.
Alcune
curiosità
Soprattutto in Campidano, quando mancava il suonatore per
poter effettuare “Su Ballu ‘e Missa” o “Ballu 'e Cresia” (il
ballo dopo la funzione religiosa principale detta “Sa Missa manna”,
la domenica), si usava ballare a suon di musica delle campane della
chiesa, al ritmo de “S’Arrepiccu” (Lo scampanìo ritmato). In
altre località del Centro Sardegna, come ad Ottana e Ghilarza, si
usava, e si usa ancora oggi, ballare al ritmo de “S’afuente”
(piatto concavo in rame od ottone usato per le offerte o per
raccogliere i chiodi della crocifissione durante il rito de “Su
Scravamentu” della Settimana Santa), raschiato ritmicamente con una
chiave in ferro.
Nelle immagini:
Suonatore di Sant'Antioco (Cartolina colorata a mano dei primi del 1900), Suonatore e cantante di Cabras (foto della prima metà del 1900) e suonatore di organetto (particolare, foto archivio Cristiano Cani)
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